Ricorso della regione Lombardia, in persona  del  presidente  della
 Giunta  regionale pro-tempore, on. Roberto Formigoni, autorizzato con
 delibera  di  Giunta  regionale  n.  34009  del  29  dicembre   1997,
 rappresentato  e difeso, come da mandato a margine del presente atto,
 dal prof.  avv. Beniamino Caravita di Toritto e presso il suo  studio
 elettivamente  domiciliato in Roma, via T. Taramelli n. 22, contro il
 Presiente del Consiglio dei Ministri pro-tempore per la dichiarazione
 di illegittimita' costituzionale del d.lgs. 19 novembre 1997, n. 422,
 recante "Conferimento alle regioni e agli enti locali di  funzioni  e
 compiti in materia di trasporto pubblico locale, a norma dell'art. 4,
 comma  4,  della  legge 15 marzo 1997, n. 59", pubblicato in Gazzetta
 Ufficiale, serie generale n. 287 del 10 dicembre 1997.
                               F a t t o
   In attuazione degli artt. 1, 3 e 4, comma 3 e 4,  lett.  a)  e  b),
 della  legge  15  marzo  1997,  n.  59,  in data 19 novembre 1997, il
 Governo  ha  adottato  il  decreto  legislativo   n.   422,   recante
 "Conferimento  alle  regioni e agli enti locali di funzioni e compiti
 in  materia  di trasporto pubblico locale, a norma dell'art. 4, comma
 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59".
   Con tale decreto il Governo,  come  risulta  dall'art.  1,  che  ne
 definisce l'oggetto, individua le funzioni e i compiti conferiti alle
 regioni  e  agli  enti  locali  in  materia  di  servizi  pubblici di
 trasporto di interesse regionale  e  locale  e  fissa  i  criteri  di
 organizzazione dei servizi di trasporto pubblico locale.
   Dopo  aver  stabilito,  all'art.  2,  ricalcando  la  tecnica  gia'
 utilizzata nella legge n. 59/1997, che per "conferimento" si  intende
 "il trasferimento, la delega o l'attribuzione di funzioni e compiti",
 il   decreto  legislativo  n.  422/1997  definisce,  rispettivamente,
 all'art. 3, i trasporti pubblici di interesse nazionale  e,  all'art.
 4,  le  competenze  dello  Stato  nel  trasporto pubblico regionale e
 locale.
   L'art. 5 conferisce alle regioni e agli enti locali tutti i compiti
 e tutte le funzioni relativi al servizio  pubblico  di  trasporto  di
 interesse  regionale e locale, in atto esercitati da qualunque organo
 o amministrazione  dello  Stato,  ad  eccezione  di  quelli  indicati
 all'art.  4.
   L'art.  6  delega  alle  regioni  i  compiti  di programmazione dei
 servizi di  trasporto  pubblico  regionale  e  locale,  indicati  nel
 successivo art. 14 e non compresi nell'art. 117 della Costituzione; i
 compiti  programmatori e amministrativi e le funzioni di cui all'art.
 8, relativo ai Servizi ferroviari di interesse regionale e locale non
 in concessione a F.s. S.p.a.; i compiti e le funzioni di cui all'art.
 10, relativo ai Servizi marittimi e aerei.
   Ai sensi dell'art. 7, le regioni hanno l'obbligo di conferire,  "in
 conformita'  ai singoli ordinamenti e sentite le rappresentanze degli
 enti e delle autonomie locali", alle province, ai comuni e agli altri
 enti locali tutte le funzioni e i compiti  regionali  in  materia  di
 trasporto  pubblico locale "che non richiedono l'unitario esercizio a
 livello regionale". Il comma due dell'art. 7 definisce  le  modalita'
 attraverso  le  quali  debbono  avvenire tali conferimenti e il terzo
 comma impone alle regioni l'adozione, entro il termine  di  sei  mesi
 dall'entrata  in  vigore  del  decreto,  di  una  legge che individui
 puntualmente, sulla base dei principi fissati dall'art.  4, comma  3,
 della  legge  n. 59/1957, le funzioni trasferite o delegate agli enti
 locali. Il comma 3 prevede, inoltre,  che,  nell'ipotesi  in  cui  la
 regione non emani la suddetta legge nel termine stabilito, il Governo
 possa esercitare i relativi poteri sostitutivi, individuati dall'art.
 4,  comma  5,  della  legge  n. 59/1997. Spettano, inoltre, agli enti
 locali, ai sensi del comma 4, le funzioni e i compiti  non  mantenuti
 in  capo  allo Stato dagli artt. 3 e 4, o in capo alle regioni, dagli
 artt. 8, 9 e 10 e 11. Gli artt. 8,  9,  10  e  11  individuano,  piu'
 dettagliatamente,  i  compiti  e  le  funzioni  di  programmazione  e
 amministrazione delegati  alle  regioni  rispettivamente  per  quanto
 concerne: i servizi ferroviari di interesse regionale e locale non in
 concessione  alle  F.S.  S.p.a;  i  servizi  ferroviari  di interesse
 regionale  e  locale  in  concessione  alle  F.S.  S.p.a;  i  servizi
 marittimi e arerei, i servizi lacuali e lagunari.
   L'attuazione  dei  conferimenti  e  la distribuzione delle relative
 risorse alle regioni viene disciplinata dall'art. 12, con il quale il
 Governo stabilisce  che  ad  esse  provvede  con  decreto,  ai  sensi
 dell'art.  7, comma 1, legge n. 59/1997, il  Presidente del Consiglio
 dei  Ministri,  previo  accordo  di  programma, ai sensi dell'art. 4,
 comma  4,  lettera  a)  della  legge  n.  59/1997,  tra  la   regione
 interessata e il Ministro dei trasporti e della navigazione.
   Non manca la previsione di poteri sostitutivi statali che, ai sensi
 dell'art.  15  -  che,  a sua volta, richiama l'art. 3, comma 1 della
 legge di delega -, scattano nelle ipotesi di accertata  e  perdurante
 inerzia delle regioni nell'esercizio delle funzioni delegate.
   Il  Capo  II  del  decreto legislativo n. 422/1997 e' dedicato alla
 organizzazione del trasporto pubblico  locale:  gli  artt.  14  e  15
 disciplinano, rispettivamente, la programmazione dei trasporti locali
 e  la  programmazione degli investimenti, l'art. 16 i servizi minimi,
 il 17 gli obblighi di servizio, il 18 l'organizzazione dei servizi di
 trasporto pubblico regionale e locale e  l'art.  19  i  contratti  di
 servizio.
   Quanto ai servizi minimi, l'art. 16 stabilisce i criteri sulla base
 dei  quali  e'  possibile  una  loro individuazione, precisando che i
 costi degli stessi sono a carico del bilancio regionale.
   Piu' in particolare il comma  2  dell'art.  16  stabilisce  che  le
 regioni,  nel determinare il livello dei servizi minimi "definiscono,
 d'intesa con gli enti locali,  secondo  le  modalita'  stabilite  con
 legge  regionale,  e  adottando i criteri di omogeneita' tra regioni,
 quantita' e standard di qualita' dei servizi  di  trasporto  pubblico
 locale in modo da soddisfare le esigenze di mobilita' dei cittadini",
 in  conformita' ai regolamenti CEE vigenti in materia e sulla base di
 precisi criteri ispiratori individuati dallo stesso articolo.
   Per quanto  concerne  l'organizzazione  dei  servizi  di  trasporto
 pubblico locale e regionale, l'art. 18 stabilisce che l'esercizio dei
 suddetti  servizi e' regolato mediante contratti di servizio ai sensi
 dell'art.  19. Il comma 2, inoltre, si propone il  superamento  degli
 assetti  monopolistici  nella gestione di tali servizi, e richiede, a
 tal proposito, che le regioni e  gli  enti  locali,  nell'affidamento
 degli  stessi, si attengano ai principi di cui all'art. 2 della legge
 n. 481/1995 e garantiscano il rispetto  dei  criteri  indicati  nelle
 lettere da a) a g).
   Il comma 3 dell'art. 18 stabilisce, inoltre, che le regioni attuano
 la  trasformazione  delle aziende speciali e dei consorzi in societa'
 per azioni o in cooperative, o l'eventuale  frazionamento  societario
 derivante da esigenze funzionali o di gestione.
   Chiudono   il   decreto   gli   artt.  20  e  21,  che  contengono,
 rispettivamente,  norme   finanziarie   e   disposizioni   finali   e
 transitorie.
   Il  decreto  legislativo  n.  422/1997  contiene molte disposizioni
 chiaramente lesive dell'attuale status costituzionale  dell'autonomia
 regionale  e, pertanto, costituzionalmente illegittime per i seguenti
 motivi di
                             D i r i t t o
   1. - Violazione dell'art. 118 della Costituzione da parte dell'art.
 2.
   L'art. 2, intitolato "Definizioni"  al  comma  2,  stabilisce,  tra
 l'altro,  che  "ai  fini  del  presente  decreto, per conferimento si
 intende il trasferimento, la delega o l'attribuzione  di  funzioni  e
 compiti".
   Si   tratta   di   una   disposizione  di  indubbia  illegittimita'
 costituzionale:  essa, infatti, contempla un generico  "conferimento"
 di  funzioni,  che poi nel testo del decreto (v. ad es. art. 1) viene
 riferito indifferentemente a regioni ed  enti  locali  e  unifica  in
 questo  medesimo  concetto  il  trasferimento  e  la delega, che sono
 nozioni ben diverse e da  tenere  distinte,  spettanti  comunque,  ai
 sensi  degli  artt.  117  e  118,  comma  2,  alle  sole regioni, con
 l'attribuzione che spetta invece, ai sensi degli artt. 118, comma  1,
 e 128 della Costituzione, agli enti locali.
   2. - Violazione degli artt. 3, 117 e 118 da parte dell'art. 3.
   L'art.  3  definisce  i  servizi pubblici di trasporto di interesse
 nazionale, distinguendo tra i servizi di trasporto aereo  (lett.  a),
 marittimo  (lett.  b),  automobilistico (lett. c), ferroviario (lett.
 d), di collegamento via mare fra terminali ferroviari (lett.  e),  di
 merci  pericolose,  nocive  ed inquinanti (lett. f).  Le disposizioni
 dell'art. 3, tuttavia, nel definire un  servizio  come  di  interesse
 nazionale  non  appaiono  tutte  coerenti  ad un unico ispiratore, in
 evidente violazione degli artt. 3, 117 e 118 della Costituzione.   Se
 si  fa  eccezione  per  quanto  disposto  dalla lett. f), nella quale
 motivi di sicurezza hanno sicuramente indotto il Governo  a  definire
 di  interesse  nazionale  il trasporto di merci pericolose, nocive ed
 inquinanti, il parametro principale cui  l'art.  3  sembra  ispirarsi
 nell'individuare  i  servizi di trasporto di interesse nazionale pare
 essere quello del carattere internazionale o anche nazionale  purche'
 di percorrenza medio-lunga del servizio di trasporto.
   Tale  criterio  non sembra, tuttavia, essere stato rispettato dalla
 lett. c), relativa ai servizi  di  trasporto  automobilistico,  nella
 quale vengono definiti di interesse nazionale le linee interregionali
 che   collegano   piu'  di  due  regioni,  senza  tener  conto  della
 possibilita', geograficamente  concreta,  che  piu'  di  due  regioni
 possano  essere collegate tra loro attraverso servizi di trasporto di
 percorrenza che non puo' certo definirsi medio lunga. La formulazione
 lascia poi gravi margini di incertezza, laddove, facendo  riferimento
 al  collegamento di piu' di due regioni, non chiarisce se debba farsi
 riferimento al collegamento ovvero se siano  di  interesse  nazionale
 anche  quei  servizi che, collegando citta' poste in regioni diverse,
 attraversino  una  terza  o  una  quarta  regione.      Non   bisogna
 dimenticare,  d'altra  parte,  che  gia'  l'art.  84  del decreto del
 Presidente della Repubblica n.  616/1977,  secondo  l'interpretazione
 costante  della  giurisprudenza,  attribuiva  alle  regioni  i poteri
 concessori in materia di  servizi  di  trasporto  interregionali  che
 toccassero  regioni  finitime:  l'attuale  delega  di  funzioni  alle
 regioni in materia non puo', dunque, che essere diretta ad  estendere
 le   competenze   regionali   nel  settore.     Incongruente  poi  e'
 l'esclusione dai servizi di interesse nazionale  di  trasporto  aereo
 dei  soli "collegamenti che si svolgono esclusivamente nell'ambito di
 una regione":  nel  contesto  geografico  italiano,  la  formulazione
 sembra  di  nessuno  o  comunque scarsissimo interesse, mentre ben si
 sarebbe potuto ricorrere al criterio  del  collegamento  tra  regioni
 confinanti,   escludendo   anche  questi  dai  servizi  di  interesse
 nazionale.
   3. - Violazione degli artt. 76, 115 e  117  della  Costituzione  da
 parte dell'art. 7, comma 3, secondo periodo.
   L'art.  7,  posto  il  principio  del  conferimento  da parte delle
 regioni agli enti locali di tutte le funzioni e i  compiti  regionali
 in   materia   di  trasporto  pubblico  locale  "che  non  richiedono
 l'unitario esercizio a livello regionale", stabilisce,  al  comma  3,
 che,  se  nel  termine  di 6 mesi dalla data di entrata in vigore del
 decreto, le regioni non adottano la legge di puntuale  individuazione
 delle  funzioni  trasferite  o  delegate  agli enti locali il Governo
 adotta le misure di cui all'art.  4, comma 5, della legge n. 59/1997.
 Ora, mentre e' corretto  il  principio  del  conferimento  agli  enti
 locali,  incostituzionale e' il presunto rimedio, formulato dal comma
 3, in apparente rinvio all'art. 4, comma 5, della  legge  n.  59  del
 1997.
   Il  rinvio  all'art. 4, comma 5, e' solo apparentemente innocuo; ha
 invece lo scopo di porre rimedio ad una grave lesione  costituzionale
 compiuta dalla legge n. 59.  La delega contenuta in tale disposizione
 risultava,  infatti,  incerta nell'an (non essendo, allora, possibile
 stabilire a priori ne' se il Governo avrebbe provveduto alla  delega,
 ne'  se  le  regioni  avrebbero  o  meno  adempiuto alla stessa); nel
 quando, giacche' il termine di sei mesi contenuto nell'art. 4,  comma
 5, sarebbe decorso da un giorno assolutamente incerto, corrispondente
 alla  data  di  emanazione  del  decreto  legislativo; e nel quomodo,
 giacche' non era possibile individuare  le  modalita'  attraverso  le
 quali  il Governo avrebbe distribuito le funzioni tra regioni ed enti
 locali; mancavano i principi della  distribuzione  di  competenze;  e
 mancava - essendo eventuale - l'oggetto: il potere sostitutivo veniva
 delegato  per  quelle  materie  -  allora,  certo, non conoscibili ed
 individuabili  -  per  le  quali  le  regioni   sarebbero   risultate
 inadempienti.
   E   non   puo'   certo   considerarsi   ammissibile,  nella  nostra
 Costituzione, e, in particolare, alla luce dell'art. 76,  una  delega
 il  cui  oggetto  sia  definibile  solo  ex  post,  in  ragione di un
 comportamento   illegittimo   di   un   soggetto    dell'ordinamento.
 Riformulando,  ora,  nel  contesto  di  un  decreto  legislativo,  il
 richiamo all'art. 4, comma 5, il Governo sembrerebbe voler aggirare i
 dubbi  di  costituzionalita'  appena  evidenziati.  Non  si   sfugge,
 tuttavia, dalla seguente alternativa: o e' incostituzionale l'art. 4,
 comma  5,  della legge n. 59 per incertezza ed indeterminatezza della
 delega, a nulla valendo poi il richiamo  ad  esso  nel  contesto  dei
 diversi  decreti  delegati  al  fine  di  precisare l'an e il quando;
 ovvero e' incostituzionale l'art. 7, comma  3,  con  cui  il  Governo
 delegato  pretenderebbe  di  fornire a se' stesso una nuova ulteriore
 delega, assolutamente extra ordinem.
   4. - Violazione degli artt.  3,  76,  97,  117,  118  e  119  della
 Costituzione da parte dell'art. 12.
   L'art.  12  disciplina i "conferimenti" stabilendo, al comma 1, che
 all'attuazione dei conferimenti  e  all'attribuzione  delle  relative
 risorse  alle  regioni,  provvede, con decreto, ai sensi dell'art. 7,
 comma 1, legge n. 59/1997, il Presidente del Consiglio  dei  Ministri
 previo accordo di programma, ai sensi dell'art. 4, comma 4. lett.  a)
 della  legge n. 59/1997, tra la regione interessata e il Ministro dei
 trasporti e della navigazione.  Il comma 2 aggiunge che    "l'accordo
 di  programma  di  cui  al  comma  1, puo' disporre previa intesa tra
 regione ed enti locali, la contestuale  attribuzione  e  ripartizione
 fra  gli enti locali delle risorse finanziarie, umane, strumentali ed
 organizzative".
   Tale  disposizione, nell'attribuire espressamente al Presidente del
 Consiglio  dei  Ministri  il  potere  di  effettuare  direttamente  i
 conferimenti e la distribuzione delle risorse agli enti locali, oltre
 a  creare  una contraddizione interna tra le disposizioni del decreto
 legislativo n. 422/1997, lede le  competenze  regionali  in  materia,
 violando, contemporaneamente, gli stessi principi fissati dalla legge
 di  delega.  Le operazioni dell'attribuzione e della ripartizione fra
 gli enti locali delle  risorse  finanziarie,  umane,  strumentali  ed
 organizzative,  cui  fa  riferimento  il  comma 2 dell'art. 12, vanno
 necessariamente  considerate,  infatti,  quali  misure  accessorie  e
 strumentali  al  riparto  di  funzioni tra regioni ed enti locali.  A
 tali operazioni deve ritenersi, quindi, oltre che  logico,  possibile
 provvedere  solo  una  volta  che  sia intervenuta la redistribuzione
 delle funzioni tra regioni ed enti  locali:  solo  in  quel  momento,
 infatti,   il   Governo   puo'  essere  in  grado  di  effettuare  la
 ripartizione delle risorse necessarie per il loro esercizio.   L'art.
 7,   comma   1,  del  decreto  legislativo  n.  422/1997  attribuisce
 espressamente alle regioni il compito di conferire agli  enti  locali
 tutte  le  funzioni  e  i  compiti  regionali in materia di trasporto
 pubblico locale "che non richiedono l'unitario  esercizio  a  livello
 regionale".    Attribuire al Presidente del Consiglio dei Ministri il
 potere   di   provvedere   direttamente   all'assegnazione   e   alla
 ripartizione  delle risorse agli enti locali prima che le regioni, ai
 sensi dell'art.   7, abbiano provveduto al  conferimento  equivale  a
 scavalcare  il  ruolo  ad  esse  riconosciuto dall'art. 7 del decreto
 legislativo n. 422/1997.  D'altra parte la stessa legge  n.  59/1997,
 oltre  a stabilire all'art.  7, comma 1, che "ai fini dell'attuazione
 dei decreti legislativi di cui agli artt. 1,  3  e  4  alla  puntuale
 individuazione   dei   beni   e  delle  risorse  finanziarie,  umane,
 strumentali e organizzative da trasferire, alla loro ripartizione tra
 regioni e tra regioni ed enti locali e ad i conseguenti trasferimenti
 si provvede con decreto del Presidente del  Consiglio  dei  Ministri,
 sentiti  i  Ministri  interessati e il Ministro del tesoro", aggiunge
 che: "il trasferimento dei beni e delle risorse deve comunque  essere
 congruo rispetto alle competenze trasferite".
   Cio' vuol dire che ogni attribuzione e ripartizione di risorse puo'
 e deve avvenire solo in seguito alla distribuzione delle competenze.
   5. - Violazione degli artt. 117, 118 e 119 da parte dell'art. 16.
   L'art.  16,  relativo  alla  determinazione dei servizi minimi, non
 tiene nel dovuto conto, nel disciplinare la partecipazione degli enti
 locali a tale operazione, le competenze attribuite  alle  regioni  in
 materia e dalla Costituzione e dalla stessa legge di delega.
   In  proposito  l'art.  4,  comma 4, lett. a) della legge n. 59/1997
 cosi' stabilisce: "Con i decreti legislativi di cui  all'art.  1,  il
 Governo  provvede  anche a .... attribuire alle regioni il compito di
 definire, d'intesa con gli enti locali, il livello dei servizi minimi
 qualitativamente e  quantitativamente  sufficienti  a  soddisfare  la
 domanda di mobilita' dei cittadini, servizi i cui costi sono a carico
 dei  bilanci  regionali ....".   Il comma 2 dell'art. 16, del decreto
 legislativo  n.  422/1997,  a  sua   volta,   prevede   che:   "Nella
 determinazione  dei  servizi minimi, le regioni definiscono, d'intesa
 con gli  enti  locali,  secondo  le  modalita'  stabilite  con  legge
 regionale,   e  adottando  i  criteri  di  omogeneita'  tra  regioni,
 quantita' e standard di qualita' dei servizi  di  trasporto  pubblico
 locale  in  modo da soddisfare le esigenze di mobilita' dei cittadini
 ....".
   Ora, essendo i costi dei  servizi  minimi  a  carico  del  bilancio
 regionale,  come  stabiliscono  sia l'art. 4, comma 4, della legge n.
 59/1997, sia il primo comma dell'articolo in oggetto, logica vuole, e
 la  stessa  giurisprudenza  di  questa  ecc.ma  Corte  in   tema   di
 corrispondenza tra funzioni e risorse conferma, che:
     a)  l'intesa con gli enti locali, ai fini della determinazione di
 tali servizi, deve essere un intesa "debole";
     b) le modalita'  di  raggiungimento  dell'intesa  debbono  essere
 necessariamente disciplinate con legge regionale.
   Ad  un risultato opposto potrebbe, invece, condurre la formulazione
 del secondo comma dell'art. 16  che,  inserendo  tra  le  virgole  le
 parole  "secondo  le modalita' stabilite con legge regionale", sembra
 attribuire alla legge regionale il compito di definire,  anziche'  le
 modalita'  dell'intesa,  quantita' e standard di qualita' dei servizi
 di trasporto pubblico locale.  L'intento stesso del Governo circa  il
 significato  da  attribuire  alla  disposizione  in  oggetto  non  e'
 facilmente  determinabile,  nemmeno  attraverso  l'esame  dei  lavori
 preparatori  del  decreto  legislativo  n.  422/1997.   L'emendamento
 concordato  in  sede  tecnica  con  le  regioni,  infatti,   con   un
 significato  apparentemente  diverso  rispetto  a quello che potrebbe
 essere desunto dal testo attuale, cosi stabiliva: "d'intesa  con  gli
 enti  locali  da  conseguire secondo le modalita' stabilite con legge
 regionale".  Da parte sua, la regione Lombardia, pur non  contestando
 il  principio  della  partecipazione  e del coinvolgimento degli enti
 locali nelle funzioni  costituzionalmente  attribuite  alle  regioni,
 ritiene  che  un efficace esercizio delle responsabilita' connesse ai
 propri poteri richiede che essi non  debbano  essere  paralizzati  da
 dissensi marginali, ne' in via assoluta.
   Bene  il Governo avrebbe fatto, quindi, se avesse previsto forme di
 coordinamento  con  gli  enti  locali  meno  "intense"   dell'intesa,
 utilizzando formule riconducibili all'espressione del parere.  Avendo
 optato   per  l'intesa,  era  onere  del  Governo,  onde  evitare  di
 introdurre una norma chiaramente incostituzionale, anche  in  ragione
 del  fatto che il carico finanziario ricade sulla regione, attribuire
 alla legge regionale  il  compito  di  specificare  le  regole  e  le
 modalita'  della intesa stessa: in tal modo la regione avrebbe potuto
 precisare  a  quali  condizioni  l'intesa,  nonostante  l'inevitabile
 potenziale dissenso di singoli enti, potra' considerarsi raggiunta, o
 in  quali modi potranno essere superati - sulla base del principio di
 leale  cooperazione,  ma  anche  di   assunzione   delle   rispettive
 responsabilita'  - eventuali insanabili dissensi.  E', d'altra parte,
 l'interpretazione sistematica dell'art 4, comma  4,  lett.  a)  della
 legge  n. 59/1997 a permettere di affermare che l'intesa debba essere
 "debole" e comunque disciplinata dalla legge  regionale.    Gli  enti
 locali,  infatti,  possono programmare servizi integrativi rispetto a
 quelli minimi (v. art. 4, comma 4, lett. a) della legge  n.  59/1997,
 ultimo  inciso  del  primo  periodo,  e art. 16, comma 3, del decreto
 legislativo n.  422/1997),  ponendo  i  costi  a  carico  dei  propri
 bilanci.    Se  si  interpreta  l'intesa regioni-enti locali in senso
 "forte", sganciandola da termini  e  modalita'  stabiliti  con  legge
 regionale,  la conseguenza e' facilmente prevedibile: gli enti locali
 alzeranno il prezzo dell'intesa, chiedendo  di  porre  a  carico  del
 bilancio  regionale  anche  i  servizi  ulteriori  rispetto  a quelli
 minimi|
   6. - Violazione degli artt. 3, 76, 117 e 118 della Costituzione  da
 parte  dell'art.  18.  Illegittimita' costituzionale sotto il profilo
 della  contraddittorieta',  del  difetto  di  motivazione   e   della
 violazione  dei  principi in tema di concorrenza tra imprese.  L'art.
 18, intitolato "Organizzazione  dei  servizi  di  trasporto  pubblico
 locale",  dopo  aver  stabilito,  al primo comma, che l'esercizio dei
 servizi di trasporto pubblico regionale e locale e' regolato mediante
 contratti di servizio, ai sensi dell'art. 19, al comma 2, si  propone
 gli   obiettivi   del   superamento  degli  assetti  monopolistici  e
 dell'introduzione di regole di concorrenzialita' nell'affidamento dei
 suddetti  servizi,  imponendo  alle   regioni   il   rispetto   delle
 disposizioni  della  legge 14 novembre 1995, n. 481 e di una serie di
 principi elencati nelle successive lettere da a) a g).  Tali principi
 possono cosi' riassumersi: a) ricorso a procedure  concorsuali  nella
 scelta del gestore del servizio o dei soci privati delle societa' che
 gestiscono  i servizi; b) esclusione, per il caso di gestione diretta
 o affidamento diretto dei servizi da parte degli enti locali a propri
 consorzi o aziende speciali, dell'ampliamento dei bacini di servizio;
 c) previsione, nell'ipotesi di gestione diretta o affidamento diretto
 dei servizi da parte degli enti locali a propri  consorzi  o  aziende
 speciali,  dell'obbligo  di  affidamento  da  parte degli enti locali
 tramite procedure concorsuali di  quote  di  servizio  o  di  servizi
 speciali; d) esclusione in caso di mancato rinnovo del contratto alla
 scadenza  o  di  decadenza dallo stesso, di indennizzo al gestore che
 cessa dal servizio; e) indicazione delle modalita' di  trasferimento,
 in   caso   di  cessazione  dell'esercizio,  dal  precedente  gestore
 all'impresa   subentrante    dei    beni    strumentali    funzionali
 all'effettuazione   del  servizio  e  del  personale  dipendente  con
 riferimento a quanto disposto all'art. 26 del regio decreto-legge  n.
 148/1931;  f)  applicazione  dell'art.  1,  comma  5, del Regolamento
 1893/91/CEE alle  societa'  di  gestione  dei  servizi  di  trasporto
 pubblico locale che svolgono anche altre attivita'; g) determinazione
 delle  tariffe  di servizio in analogia a quanto previsto dall'art. 2
 della legge n. 481/1995.
   Tra  i  vari  criteri  indicati,  ai  quali  le  regioni   dovranno
 adeguarsi,  quello  di  cui  alla lett. b), concernente le ipotesi di
 gestione diretta o affidamento diretto dei  servizi  da  parte  degli
 enti locali a propri consorzi o a proprie aziende speciali, si presta
 ad una serie di rilievi critici.
   Nel     limitarsi    ad    imporre    semplicemente    l'esclusione
 dell'ampliamento dei  bacini  di  servizio  rispetto  a  quelli  gia'
 gestiti  sotto  forma  di  gestione  diretta o affidamento diretto da
 parte degli enti  locali  a  propri  consorzi  o  a  proprie  aziende
 speciali  e  non  prevedendo,  invece,  il  divieto  o, comunque, una
 limitazione dell'esercizio dei servizi di  trasporto  pubblico  sotto
 tali  forme,  tale  norma  si  pone  chiaramente  in contrasto con la
 finalita' di superamento degli  assetti  monopolistici  espressamente
 sancita   nella   prima   parte  del  comma  2.     Ne',  a  mitigare
 l'illegittimita' di  tale  disposizione,  puo'  ritenersi  idonea  la
 previsione  della successiva lett. c), con la quale si impone, sempre
 per il caso di gestione diretta o affidamento diretto dei servizi  da
 parte  degli  enti  locali  a  propri consorzi o aziende speciali, la
 previsione  dell'obbligo  di  affidamento  da parte degli enti locali
 tramite procedure concorsuali di  quote  di  servizio  o  di  servizi
 speciali.    Tale  disposizione,  infatti,  introduce  una  forma  di
 concorrenza che non puo' definirsi piena in quanto, in  primo  luogo,
 risulta  limitata  nell'oggetto,  riguardando esclusivamente quote di
 servizi o di servizi speciali, in secondo luogo, in quanto lascia  in
 ogni  caso  sussistere  forme  di  gestione  sottratte  al  regime di
 concorrenza, quali appunto quella diretta e l'affidamento di  servizi
 da  parte  degli  enti  locali  a propri consorzi o a proprie aziende
 speciali.
   Neppure appare possibile una  interpretazione  estensiva  dell'art.
 18,  lett.  c),  nel  senso che da essa derivi non solo il divieto di
 ampliamento dei bacini, ma anche il divieto di gestione diretta e  di
 affidamento  diretto  dei servizi da parte degli enti locali a propri
 consorzi o a proprie aziende speciali.    Una  tale  interpretazione,
 infatti,   potrebbe  ritenersi  possibile  solo  qualora  il  decreto
 legislativo n. 422/1997 prevedesse l'abrogazione esplicita  dell'art.
 22  della legge n. 142/1990, non potendosi ritenere idonea a tal fine
 l'abrogazione implicita di tale disposizione.  Trattasi, infatti,  di
 norma  notoriamente  protetta  dalla  garanzia costituzionale sancita
 dall'art. 128 della Costituzione.   D'altra parte,  anche  in  questo
 caso,  che  il  Governo  non  avesse  l'intenzione di attribuire alla
 disposizione in oggetto un significato piu' ampio rispetto  a  quello
 che  si  puo'  desumere  dalla  lettera  della  norma,  risulta dalla
 circostanza che l'abrogazione dell'art. 22 della legge  n.  142/1990,
 sebbene  contemplata  in un testo concordato con le regioni, e' stata
 successivamente depennata.  La disposizione dell'art.  18,  comma  2,
 lett. c), dunque, ponendosi in contraddizione con la stessa finalita'
 enunciata nella prima parte del comma 2, oltre a ledere palesemente i
 principi di concorrenzialita' sanciti dalla normativa europea e dalla
 stessa  legge 14 novembre 1995, n. 481, richiamata dallo stesso comma
 2, prefigura, in  palese  violazione  del  principio  di  uguaglianza
 sancito dall'art. 3 della Costituzione, un regime differenziato tra i
 soggetti  che  eserciscono  i  servizi  di trasporto pubblico locale,
 limitando di fatto l'accesso dei privati.    La  stessa  disposizione
 viola,  inoltre,  il  disposto  dell'art. 4, comma 4, lett. b), della
 legge n. 59/1997 con il quale  si  stabilisce  che:  "con  i  decreti
 legislativi  di  cui  all'art.  1,  il Governo provvede anche a .....
 definire le modalita' per incentivare il  superamento  degli  assetti
 monopolistici  nella  gestione  dei  servizi  di  trasporto urbano ed
 extra-urbano  e  per  introdurre  regole  di  concorrenzialita'   nel
 periodico affidamento dei servizi", ponendosi in piena contraddizione
 con  i  principi  fissati dall'art. 76 della Costituzione.  Il tutto,
 poi, ha un grave riverbero sul bilancio  regionale.  Mentre  tutti  i
 servizi  di  trasporto  sono  a  carico del bilancio regionale, viene
 sottoposto a regime di concorrenza solo il 20%  del  settore,  quello
 affidato  tramite concessione a privati, lasciando al monopolio delle
 aziende locali - e quindi sottraendo alla concorrenza e alla maggiore
 efficienza che questo puo'  offrire  -  piu'  dell'80%  del  settore.
 Tutto  cio'  avviene  poi senza che vi siano particolari interessi da
 salvaguardare, tali da sottrarre un intero settore alle regole  della
 concorrenza.
   7.  -  Violazione degli artt. 117, 118, 119 e 76 della Costituzione
 da parte dell'art. 8, commi 5 e 6, e dell'art. 9.
   L'art. 8 individua, al comma 1, lett.  a)  e  b),  le  ferrovie  di
 interesse  regionale  e  locale non in concessione a F.S. S.p.a., nei
 confronti delle quali le regioni, per delega dello Stato, svolgeranno
 funzioni e compiti di programmazione e di amministrazione; fissa,  al
 comma  2,  i  termini  entro i quali tali funzioni e compiti dovranno
 essere  conferiti  alle  regioni;  stabilisce,   al   comma   3,   la
 successione,  sulla  base  di accordi di programma stipulati ai sensi
 dell'art. 12,  delle  regioni  allo  Stato,  quali  concedenti  delle
 ferrovie indicate al comma 1.
   Solo  una volta perfezionati gli accordi di programma e intervenuti
 i decreti di conferimento del Consiglio dei Ministri, le regioni,  ai
 sensi  del  comma  5, possono, con contratti di servizio disciplinati
 dal successivo art. 19, affidare la gestione dei servizi  ferroviari,
 indicati  al  comma  1,  ad  imprese  gia'  esistenti  o  che saranno
 appositamente costituite per la gestione degli stessi.   Il  comma  5
 dell'art.  8  stabilisce,  tra l'altro, che: "i contratti di servizio
 assicurano che sia conseguito, a  partire  dal  1  gennaio  2000,  il
 rapporto  di almeno 0,35 tra ricavi da traffico e costi operativi, al
 netto dei costi di infrastruttura".  Nel fissare un preciso  rapporto
 tra  ricavi e costi, tale disposizione omette incostituzionalmente la
 previsione di alcuna garanzia  della  copertura  finanziaria|  A  tal
 proposito  l'art.  4, comma 4, della legge n. 59/1997, alla lett. b),
 stabilisce che i decreti  legislativi  di  cui  all'art.  1  dovranno
 "prevedere  che  le  regioni  e  gli  enti  locali, nell'ambito delle
 rispettive  competenze,  regolino  l'esercizio  dei  servizi,   .....
 mediante  contratti di servizio pubblico, che rispettino gli artt.  2
 e 3 del regolamento CEE n. 1191/96 e del regolamento CEE n.  1893/91,
 che  abbiano  caratteristiche  di certezza finanziaria e copertura di
 bilancio e che garantiscano il conseguimento di un rapporto di almeno
 0,35 tra ricavi da traffico e costi operativi, al netto dei costi  di
 infrastruttura, previa applicazione della direttiva CEE del Consiglio
 del  29  luglio 1991 ai trasporti ferroviari di interesse regionale e
 locale".  Se e' vero, da un lato, che e' la stessa legge di delega  a
 fissare  i  termini del rapporto tra ricavi e costi che dovra' essere
 garantito dai contratti in oggetto, e' pur vero, dall'altro, che  con
 essa  si  richiede espressamente che i decreti delegati prevedano che
 tali contratti abbiano le caratteristiche di certezza  finanziaria  e
 copertura  di bilancio| L'art. 8, comma 5, del decreto legislativo n.
 422/1997, dunque, nel fissare esclusivamente il rapporto tra ricavi e
 costi, che i contratti di servizio  saranno  tenuti  a  garantire,  e
 omettendo  di  prevedere  alcuna  forma  di  garanzia della copertura
 finanziaria, attua solo parzialmente la delega  di  cui  all'art.  4,
 comma  4, lett. b) della legge n. 59/1997, ponendosi, in tal modo, in
 piena contraddizione con la disciplina  fissata  dall'art.  76  della
 Costituzione.
   Ne',   d'altra   parte,   a  mitigare  la  rilevata  illegittimita'
 costituzionale del comma 5, dell'art.  8,  puo'  ritenersi  utile  la
 disposizione  del  comma  6,  con  la  quale  si  stabilisce che "Con
 successivi provvedimenti legislativi si provvede alla  copertura  dei
 disavanzi  maturati  alla  data  del  conferimento di cui al presente
 articolo, ivi compresi gli oneri di trattamento di fine rapporto,  al
 netto  degli  interventi gia' disposti ai sensi della legge 30 maggio
 1995, n. 204 e delle successive analoghe disposizioni".
   Con tale disposizione, infatti, si prevede la copertura finanziaria
 di  disavanzi  "maturati  alla data del conferimento delle funzioni":
 si tratta, cioe', di una  disposizione  che  ripiana  i  bilanci  del
 periodo  antecedente al conferimento delle funzioni di programmazione
 e amministrazione alle regioni e che non  riguarda  assolutamente  la
 disciplina  dei  contratti di servizio, che le regioni, a seguito del
 suddetto conferimento, dovranno stipulare con le imprese private.
   Analogamente  l'art.  9,  che  detta  la  disciplina  dei   Servizi
 ferroviari  di  interesse regionale e locale in concessione alle F.S.
 S.p.a, al comma 1, fissa al 1 giugno  1999,  la  data  di  decorrenza
 dell'esercizio  delle  funzioni  di  programmazione e amministrazione
 delegate alle regioni, e, al  comma  2,  stabilisce  che  le  regioni
 subentrano  allo  Stato  nel  rapporto  con le Ferrovie dello Stato e
 stipulano, entro il 31 ottobre 1998, i relativi contratti di servizio
 ai sensi dell'art.  19, fissando al 1 giugno 1999 la data di  entrata
 in  vigore  dei  suddetti  contratti.    Al  comma 3, l'art. 9 detta,
 inoltre,  norme  transitorie  applicabili  al   periodo   antecedente
 all'entrata    in    vigore   degli   stessi.       Le   censure   di
 incostituzionalita' rivolte all'art. 8 valgono anche  per  l'art.  9,
 qualora  si  ritenga  che  esso  contenga  implicitamente  le  stesse
 disposizioni di cui all'art. 8, commi 5 e 6.  Il comune rinvio  posto
 dagli  artt.  8  e  9  all'art. 19 per la disciplina dei contratti di
 servizio, infatti, induce a ritenere che le disposizioni dei commi  5
 e  6  dell'art.  8, sebbene non riprodotte espressamente nell'art. 9,
 valgano anche per la disciplina dei  contratti  relativi  ai  Servizi
 ferroviari  di  interesse regionale e locale in concessione alle F.S.
 S.p.a.
   8. - Violazione degli artt. 117, 118 e 119  della  Costituzione  da
 parte  degli  artt.  17 e 19, comma 1.  L'art. 17 detta la disciplina
 degli obblighi di servizio, stabilendo che "le regioni, le province e
 i comuni,  allo  scopo  di  assicurare  la  mobilita'  degli  utenti,
 definiscono,  ai  sensi  del  regolamento 1191/69/CEE, modificato dal
 regolamento  1893/91/CEE,  gli   obblighi   di   servizio   pubblico,
 prevedendo   nei  contratti  di  servizio  di  cui  all'art.  19,  le
 corrispondenti compensazioni  economiche  alle  aziende  esercenti  i
 servizi  stessi,  tenendo  conto,  ai sensi della citata disposizione
 comunitaria,  dei  proventi  derivanti  dalle  tariffe  e  di  quelli
 derivanti  anche  dalla  eventuale  gestione di servizi complementari
 alla mobilita' .....".  La previsione dell'obbligo per le regioni  di
 contemplare  nei  contratti  di  servizio le compensazioni economiche
 alle aziende esercenti i servizi pubblici di trasporto  di  interesse
 regionale   e   locale   contiene,  di  fatto,  un  incostuzionalita'
 "trasferimento di oneri a secco" a carico della regione.  Analoghe  e
 ulteriori    censure  vanno  rivolte  all'art. 19 che, nel dettare la
 disciplina dei contratti di servizio, stabilisce,  al  comma  1,  che
 essi  "assicurano la completa corrispondenza fra  oneri per servizi e
 risorse disponibili al netto dei proventi tariffari".   Si tratta  di
 una   disposizione   poco   comprensibile   sotto  vari  aspetti,  e,
 nell'interpretazione  che   appare   piu'   plausibile,   decisamente
 incostituzionale.    In  particolare, non si comprende a che  cosa la
 norma si riferisca con l'espressione "oneri per servizi".   Se,  come
 appare probabile, con tale espressione il Governo ha inteso riferirsi
 ai  costi di gestione, il comma 1 dell'art. 19, rischia di creare una
 "oscura" corrispondenza tra "costi di gesione" e "risorse disponibili
 al  loro  - piu' che al netto, come dispone erroneamente il decreto -
 dei proventi tariffari".    Tale  corrispondenza,  infatti,  potrebbe
 prestarsi  facilmente  ad ingenerare assurde pretese delle aziende di
 trasporto di ripiani integrali  dei  disavanzi  gestionali  da  parte
 delle  regioni.    Ne'  sembra,  inoltre, che "gli oneri per servizi"
 possano  riferirsi   aglil   enti   concedenti   (corrispettivi   dei
 contratti), contemplati dal comma successivo.
   D'altra  parte,  e'  evidente  che imporre alle regioni il rispetto
 della  suindicata    corrispondente  comporta   un   incostituzionale
 trasferimento  di oneri finanziari a carico delle regioni: la copiosa
 giurisprudenza costituzionale in materia insegna, infatti,  che  ogni
 trasferimento  di  funzioni  alle regioni deve essere accompagnato da
 una corrispondente copertura finanziaria.